L’altro giorno ho ricevuto dalla prof. Fiorella Floramo questo breve scritto. Avevo chiesto ai docenti di documentare quello che stavano facendo nell’emergenza che stiamo vivendo. La vivace umanità del racconto rende molto bene quello che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo e per questo ritengo importante condividere questa breve “cronaca semi seria” con tutta la comunità scolastica majanese. Spero sia solo la prima di una serie di testimonianze dalla vicinanza. Perché durante questa fase di distanziamento e isolamento la nostra scuola ha saputo essere vicina.
Stefano Stefanel
Dirigente scolastico
Cronaca semi seria degli ultimi mesi di scuola
“Allora ragazzi è arrivata finalmente la gita”.
Era il 19 febbraio il giorno dopo saremmo partiti per destinazione Arta Terme e Zoncolan, neve sci e divertimento!
Occhi sgranati, tante domande, “Prof come avete diviso le camere?” “Possiamo sentire LA MUSICA ?” “A che ora c’è il coprifuoco?”
Eccitazione e felicità mista a quel senso di inadeguatezza tipico degli adolescenti.
Così siamo partiti, loro eccitatissimi, in cuor nostro una famosa citazione “Io speriamo che me la cavo”.
Tre giorni sulla neve, tempo splendido, incidenti di percorso nessuno, tantissime risate.
Li guardavamo quei ragazzi che avevano il mondo tra le dita quando s’incantavano davanti ad un amore appena sbocciato, a una riappacificazione tra amiche, al desiderio di calciare un pallone.
Siamo tornati a casa felici e contenti, un po’ stanchi, a dir la verità.
Davanti a noi tre giorni di vacanza. Li abbiamo salutati così:
“Riposatevi ragazzi, poi si ricomincerà alla grande; correremo assieme verso l’esame.”
Chi è stagionato come me è consapevole del fatto che gli ultimi mesi della terza media (mi piace chiamarla ancora così) sono decisivi, non tanto per la conclusione dei programmi o dell’esame in sé e per sé, piuttosto per la consapevolezza che la conclusione di un ciclo è alle porte, che molti troveranno alle superiori altri compagni, vivranno altre storie.
Ebbene quei tre giorni di vacanza sono diventati sei e poi …. poi i fatti sono noti a tutti.
Ci è stato chiesto di descrivere la nostra didattica a distanza…
Potremmo riempire un’enciclopedia su quanto è accaduto in questo tempo che alcuni definiscono sospeso.
Comunque bene o male ci siamo organizzati subito. E’ stata predisposta una parte del registro elettronico per inserire compiti e consegne, ma ancora pensavamo, poveri illusi, a un rientro possibile in pochi giorni.
Primo scoglio.
Molti alunni non avevano l’accesso al registro. A questo punto dunque abbiamo utilizzato le mail, quindi registro e posta elettronica sono diventati il nostro pane quotidiano.
Bisognava anche allertare i genitori, i rappresentati di ogni CDC, che abbiamo trovato efficaci ed efficienti nelle comunicazioni alle famiglie. Abbiamo raggiunto tutti, ma proprio tutti dopo varie peripezie.
Intanto s’infittivano le discussioni tra noi docenti in piena condivisione di strategie per l’intervento, per la nostra ricomputerizzazione professionale che è stata molto difficile, una sfida con noi stessi, il tempo, l’incertezza, ecc.
In un primo momento quindi ci siamo limitati alle consegne e alle correzioni degli elaborati.
Per la verità la demoralizzazione si faceva prorompente quando al mattino il numero delle nostre mail superava la cinquantina!
All’apertura dei file inoltre lo sconforto era massimo poiché i formati pervenuti erano tra i più vari, fotografie dal cellulare, pdf, word paint e non solo, spesso le immagini si ritrovavano capovolte o scritte in grafie illeggibili, tratti troppo leggeri per una lettura e una comprensione come si deve, a volte chiedevamo in un’immediata mail di risposta “Chi sei?” molti, infatti, non avendo l’account personale si servivano della
posta della madre, nessuna firma, nessun riferimento!
Comunque abbiamo creato cartelle e sottocartelle, cercando almeno di ordinare “le sudate carte” dei nostri allievi, per poi correggerle e inviarle nuovamente.
In quel periodo inoltre ci siamo resi conto che il contatto, se non altro vocale, con famiglie e ragazzi era basilare.
Ecco dunque comparire all’orizzonte messaggi vocali, video chat, lezioni registrate, poi strippate e inviate ai genitori con acclusi messaggi a commento.
Ma non bastava…
Abbiamo dunque cercato piattaforme utili per l’insegnamento a distanza, che brutta parola, quasi un ossimoro, come si può insegnare a distanza!
Ci siamo cimentati con piattaforme in cui i ragazzi si sentivano, ma non si vedevano, in altri momenti si vedevano ma non si sentivano. A volte il turbinio delle frasi si ripeteva ossessivo e monotono:
“Mi senti”
“Non ti sento, prova a ri connetterti”
“Spegnete il microfono, accendete il microfono”.
“Prof ho la connessione debole”
Tutto ciò si susseguiva per diverse ore.
Proprio così, per diverse ore perchè ci siamo resi conto che il gruppone non funzionava; lo abbiamo suddiviso quindi in sottogruppi a scapito della socializzazione (in questo caso pseudo- socializzazione) a noi tanto cara.
Dopo vari tentativi siamo riusciti a trovare il mezzo che sembrava più fruibile per noi e i ragazzi e quindi via; con gli orari delle varie discipline, l’allestimento delle piattaforme e le lezioni che sembravano essere più umane. Avevano una parvenza almeno di umanità e si chiudevano sempre con baci e abbracci virtuali e con un sorriso a volte velato di malinconia.
Ci siamo accorti da subito che in parecchi non potevano intervenire per la mancanza di quei mezzi informatici utili per le lezioni.
Erano, questi ragazzi, i famosi esclusi, quelli che solitamente fanno parte delle fasce più deboli per molti motivi.
Alcune impavide insegnanti, si sono recate a scuola per la distribuzione dei PC che sono stati ripuliti, messi a nuovo e quindi consegnati alle famiglie.
In questo modo tutti erano sullo stesso piano, in questa giostra infinita di alti e bassi.
A questo punto, anzi contemporaneamente, abbiamo contattato personalmente i ragazzi perché ci siamo
resi conto del loro malessere, del loro disagio. Erano irriconoscibili davanti allo schermo, ammutoliti; c’era
addirittura chi si nascondeva, chi non rideva alle inutili battute fatte dagli insegnanti per ravvivare un po’ la
situazione.
Si era creato un muro che s’identificava con lo schermo: la loro spensieratezza era stata ingabbiata, inghiottita dalla luce innaturale del monitor.
La situazione era simile in tutte le classi, abbiamo quindi “inforcato” il telefono e iniziato a parlare di chiacchiere con questo e quello cercando di infondere un po’ di serenità, si sa che tra i molteplici volti dell’insegnante c’è anche quello di un perfetto animatore turistico!
Ha funzionato, parzialmente, ma ha funzionato.
Anche le famiglie avevano bisogno di rassicurazioni; le video conferenze attraverso vari strumenti e la disponibilità degli insegnanti a colloqui individuali attraverso video chiamate o telefonate, hanno permesso di creare un rapporto fruttuoso tra scuola e famiglia.
Ora non ci manca che programmare l’ultimo giorno di scuola, avrà senza dubbio un sapore diverso dal solito, ma lo vivremo con l’emozione di sempre.
Sullo schermo scorreranno le immagini della nostra vita scolastica, rideremo ricordando i momenti vissuti assieme, le feste di compleanno, i giochi sportivi, le interrogazioni, le bestialità dette: “Per sbaglio prof”, il tutto condito con una bonaria presa in giro agli insegnanti.
Infine ci divertiremo con giochi interattivi, faremo volare stelle filanti e coriandoli perché questi momenti difficili possono comunque essere colorati dai sorrisi di ognuno di noi.
Fiorella Floramo
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